Jean-Claude Kolly ha ricevuto il premio «Stephan Jaeggi» il
14 novembre a Friborgo, in occasione di un concerto della
Concordia. «unisono» parla con lui della sua emozione di laureato, della sua carriera e delle sue prospettive.
Prima di tutto, un senso di orgoglio. Mi sono subito ricordato che anche uno dei miei insegnanti, Oscar Moret, l'aveva ricevuto e che questo mi aveva colpito. Mi aveva detto che spettava a giovani come me continuare il suo lavoro.

Ovviamente, un riconoscimento per il mio impegno come direttore, ma anche come insegnante. Ho la fortuna di esercitare una professione-passione. Investirsi è quindi un po' più «semplice», ma implica comunque l'accordare molte priorità.
Ho scritto alcuni brani, ma non mi sento un compositore. È un mestiere energivoro e cronofago. Non ho la «penna facile» ed è ormai da tempo che non compongo qualcosa. Ma non mi manca. Ho invece la sensazione di essere fatto per la direzione e l'insegnamento. Per insegnare direzione bisogna dare l'esempio. Formare uno studente può durare da quattro a sette anni. Penso che si lasci un'impronta indelebile nel suo percorso. Con un'orchestra, questa traccia dipende dalla durata della collaborazione. Ma le emozioni vissute insieme sono più numerose e più forti. E il percorso che fa crescere un direttore insieme alla sua formazione è ancora più appassionante. Per rispondere alla domanda, le mie orchestre mi hanno dato tanto quanto io ho dato loro. La strada fatta con le mie due armonie è impressa per sempre nella mia memoria.

Ho iniziato a dirigere all'età di 18 anni con un coro, «Lè Tsèrdzionolè» di Treyvaux (FR). Poi, nell'esercito, ho fatto l'esperienza di un'armonia che richiedeva una grande presenza musicale. È lì che ho deciso di farne la mia professione. Ho poi ripreso le redini della Gérinia di Marly, con la quale ho creato una proficua scuola di musica e un'armonia che ha raggiunto un livello notevole. Parallelamente, ho avuto una parentesi «brass band» alla testa della Brass Band Fribourg per otto anni e della Brass Band Lignières per altri tre. Un'esperienza che mi ha permesso di completare la mia formazione e soprattutto di comprendere gli ingranaggi di questo ambiente affascinante. In seguito ho diretto l'Harmonie di Vevey e, naturalmente, la Concordia di Friborgo. Ma anche, per alcuni concerti, l'Orchestre d'Harmonie di Friborgo, l'Harmonie Shostakovich, Orpheon, la Bläserphilharmonie Aargau, l'Orchestra di Fiati della Svizzera Italiana, la Banda Nazionale Giovanile e, più recentemente, l'Orchestra di fiati della Fanfara dell'esercito svizzero.
Domanda difficile… ho molti bellissimi ricordi. L'interpretazione di Marly, a Interlaken nel 1996, della «Sinfonie für Blasorchester» di Jean Balissat è uno di questi: una performance «miracolosa» e calorose parole del compositore al termine del concorso. Con la Concordia gli esempi sono tanti. Ma ricordo la presenza di Oliver Waespi durante una prova. Senza parlarci della nostra visione del brano, eravamo della stessa opinione. È uno dei miracoli del nostro mestiere. Per il peggior ricordo, gioco il jolly [ride].
Un direttore deve anche saper passare il testimone: analizzare la situazione e scegliere il momento giusto. Ho deciso di lasciare il mio posto quando la Concordia era in forma e penso di aver fatto la scelta giusta.
È vero, nel luglio 2026 lascerò il mio incarico di insegnante alla Scuola universitaria di musica e al Conservatorio di Friborgo. Ma resto e resterò appassionato e impegnato.
Avrei potuto scegliere la Gérinia di Marly o la Brass Band Fribourg. Ho convissuto più a lungo con la formazione di Marly, ma la Concordia è stata la mia ultima orchestra. Mi ha dato così tanto che era ovvio.

Sicuramente le parole pronunciate nei miei confronti. Su proposta del direttore ho accettato di dirigere il primo bis del concerto, la «Sérénade» di Stephan Jaeggi. Ho incrociato lo sguardo dei musicanti, tanto sorpresi - non lo sapevano - quanto felici di tornare a suonare sotto la mia direzione. Mi credereste, se vi dicessi che un momento come questo può strappare lacrime di felicità?

Ho una doppia sensazione. Positiva, innanzitutto: non posso che rallegrarmi dei progressi compiuti nella formazione di musicanti, direttori e compositori. Il repertorio si è evoluto molto e le prestazioni sono di migliore qualità. Ho purtroppo qualche timore per le società che trascurano le nuove leve e la formazione dei giovani. Devono svegliarsi prima che sia troppo tardi.
I progetti sono il pane quotidiano di un musicista. Ho in programma degli impegni come direttore ospite, consulente musicale, insegnante di masterclass ed esperto. Ma mi prenderò anche il tempo per vivere con più tranquillità.
La musica è un'arte meravigliosa. Continuate a dedicarle tempo e passione.
Il premio «Stephan Jaeggi» è assegnato a personalità in riconoscimento del loro notevole contributo come compositori, arrangiatori o interpreti, o per l'insieme della loro opera e del loro impegno a favore della musica bandistica svizzera.